@ home con Joshua Bell e Peter Dugan

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Il concerto dello scorso 24 Ottobre di Joshua Bell ha il sapore di un invito a casa, una di quelle occasioni un po’ informali ma allo stesso tempo esclusive ed autentiche.
La serie di eventi che il fenomenale violinista americano sta proponendo assieme al collega e amico Peter Dugan, segue il solco musicale tracciato con il fortunato At home with music (Live), lavoro discografico edito durante i giorni della pandemia.
Abbiamo avuto la fortuna di esserci e di essere accolti dal suono del pianoforte e del violino, quasi a creare un’atmosfera così intima da trasfigurare la bellissima sala dell’Auditorium Manzoni nella stessa home del lavoro discografico. Chiunque ha assistito al concerto si è sentito parte della musica. Accettato l’invito, non abbiamo resistito a dare una sbirciata al prelibato menù della serata.
Qui, la Sonata è protagonista con un programma temerario che esplora in un’ora e mezza l’evoluzione della forma e del linguaggio, con la proposizione di quattro brani che abbracciano un secolo e mezzo di storia della musica. Suonare componimenti tanto diversi e lontani, sebbene accomunati almeno superficialmente dagli stilemi della forma, non è cosa semplice; ciò che all’apparenza sembra comune -poi- nell’evoluzione della sensibilità musicale diventa quantomeno elemento di peculiare divergenza. Se a noi, questo repertorio arriva oggi come un monolite classico per eccellenza, probabilmente per i coevi ogni evoluzione successiva era eretica avanguardia. Panta-rei. Cosa avrebbe pensato Haydn di Beethoven? Probabilmente non cose belle.
Nel menu della serata, l’antipasto prevede proprio Beethoven, con la Sonata n. 2 in la maggiore op. 12 n. 2, sicuramente tra i più “classici” dei componimenti del genio di Bonn. Scritta nel 1799 dall’allora ventottenne autore, presenta ancora legami con la lezione mozartiana che saranno recisi più avanti con le grandi sinfonie. Eppure, dietro l’apparenza tradizionalista, la sonata in LA+ presenta dei forti elementi di rottura. Oltrepassato il forte impatto con la brillantezza generale che richiama al periodo precedente, si riscoprono elementi innovativi. Fin dalle prime battute dell’Allegro vivace, infatti, l’interazione tra i due strumenti risulta un acchiapparello tra due bambini capricciosi che si rincorrono rubandosi vicendevolmente melodie puntate. Il movimento centrale, intimo e lirico è certamente un buon preludio all’allegro finale dove i temi vengono proposti con le modalità di uno scherzo fatto di piccole frasi, quasi fitti bisbiglii.
Facendo un salto di circa 50 anni, passiamo alla Sonata n. 2 in re minore di Robert Schumann composta in sole due settimane perché Non ero soddisfatto della prima, sicché ne ho composta un’altra che spero sia riuscita meglio. Un brano tumultuoso, ricco di contrasti ritmi e melodici. E’ un componimento inquieto, romantico, che sembra rompere la gabbia del presente stretto tra momenti nostalgici protesi al passato ed altri inquieti per il futuro.
Arriviamo al 1917, con la struggente Sonata n.3 di Claude Debussy. L’umore musicale è ormai lontano da quello gioioso e autoindulgente del Fauno. Tutti gli elementi musicali propri dello stile dell’autore si inviluppano in un clima fortemente drammatico. Forse per la guerra, forse per via di una pesante malattia ma è un brano più orgoglioso che positivo.
Non poteva mancare un dessert a conclusione. Solo pochi giorni prima del concerto è stata inserita in scaletta la Rapsodia n. 1 di Béla Bartók che chiude il programma. Ma cosa ci fa un componimento libero come una Rapsodia tra tre Sonate? Non si pensi che i due musicisti dopo aver celebrato la forma abbiano intenzione di distruggerla. Saranno gli elementi folclorici e nazionalisti, l’interazione delle voci melodiche, ma questo componimento sembra figlio di quelli visti prima, un figlio ribelle.
Suonare musica così diversa, arrivando con sincerità al pubblico non è semplice. Di Joshua Bell già sapevamo che è un grande artista, uno dei più importanti virtuosi dello strumento, vincitore di ben quattro Grammy Awards.
Il suo suono, soprattutto sul registro centrale dello strumento, così morbido e pieno, potrebbe scaldare ogni animo mentre la tecnica dell’arco sa dare grande pulsione ritmica a tutte le frasi musicali.
Di Peter Dugan conoscevamo ben poco ma era da tempo che non vedevamo un pianista accompagnare un violino con questa freschezza e agilità. Impeccabile.
Applausi scroscianti hanno dato commiato agli artisti che hanno omaggiato la platea gremita con due graditi fuori programma.
Se l’arrangiamento originale per violino e pianoforte del Notturno N.2 di Chopin  (nel video in un’esibizione negli USA) ci ha così avvolto nella sua intenzione crepuscolare, da chiederci se non fosse stato scritto fin da principio per l’archetto, lo Scherzo-tarantella di Wieniawsi è stato un degno saluto che ha tributato ruffianamente il pubblico con virtuosismi funambolici. Soprattutto nel notturno, la tecnica dell’archetto ha contribuito a mutare la linea melodica impulsiva del pianoforte in qualcosa di denso senza, però, mai tradire l’intenzione originale della partitura. Caramello per le orecchie.
Siamo stati contenti di essere stati accolti in casa Bell-Dugan.
Dove abita il musicista? Abita in tutto il patrimonio musicale suonato a Bologna. Quasi due secoli interiorizzati e vissuti con autentica intenzione. Nonostante la varietà della musica proposta, gli esecutori l’hanno eseguita con comoda familiarità, come sentendosi naturalmente a casa. Ascoltare musica magistralmente eseguita non è scontato, emozionarsi è raro.  Il 24 Ottobre ci siamo emozionati.
Il merito è della Fondazione Musica Insieme che ha inaugurato la stagione concertistica con un evento d’eccezione. Un nuovo anno è un evento da festeggiare, soprattutto quando la varietà e la profondità del cartellone sono di così alto spessore artistico. Diamo menzione anche alla rivista edita dalla fondazione che si distingue per la qualità

Ciro Scannapieco

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