Antonio Scurati: l mio rapporto con Ravello potrebbe avere il titolo del capolavoro proustiano

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All’ora dell’aperitivo, spartiacque color pastello fra le ultime resistenze del giorno e il sopravvento della sera, il Caruso bar si trasforma in una tavolozza di tonalità che vanno dal rosa delicato al viola intenso.
Dagli archi la luce penetra con caparbietà e il profumo che arriva dai giardini si propaga fino quasi ad inebriare.
Antonio Scurati conosce fin troppo bene questi profumi e questi scorci, eppure, come in una magia rinnovata,  si lascia rapire senza difficoltà quando ogni cosa acquisisce contorni più netti ed ammalianti.
Scrittore pluripremiato, docente all’Università IULM, editorialista per il Corriere della Sera,  e autore del bestseller M. Il Figlio del Secolo, tradotto in tutto il mondo e da cui sarà tratta una serie televisiva, mantiene con la cittadina costiera un cordone ombelicale di ricordi ed ispirazione. Attraverso le sue parole, come in un poetico amarcord, si rivedono le consuetudini piacevoli di agosto con i villeggianti, parola quasi vintage, che prendono possesso della piazza, le giornate di banda e di festa, i maglioncini di filo per la sera che,  a Ravello soltanto, regala un piacevole venticello consolatorio. I giardini del Caruso e l’atmosfera del bar fanno da sfondo alla nostra intervista.

A tuo parere, cosa fa di uno scrittore uno scrittore di successo?

L’oltranza e la risonanza. È una strana miscela di ossessione per il libro che si sente di dover assolutamente scrivere, di passione cieca per il proprio universo creativo – quindi una forma di sordità nei confronti del mondo – e di capacità di entrare in risonanza con lo spirito del tempo (quindi una profonda forma di ascolto).

Gli scrittori italiani che tieni d’occhio in questo momento e che, secondo te, riserveranno grandi sorprese nel panorama nazionale?

Difficile se non impossibile dirlo. Oggi la tradizionale società letteraria è dissolta. Non è più possibile monitorare l’emergere di nuovi scrittori attraverso frequentazioni e osservazioni personali. Le nuove scritture emergono da un substrato insondabile che sempre più spesso salta i tradizionali processi di intermediazione e di selezione. Posso però dire che ogni volta che leggo il racconto di uno dei miei allievi di scrittura creativa, mi chiedo: “Sarà lui lo scrittore di domani?”

C’è qualcosa che ancora sogni di poter scrivere?

Oh, sì, certo. Ho in mente un’altra grande saga per il momento in cui andrò “in pensione da M”. Ma è troppo presto per parlarne.

Hai accennato all’inizio del tuo tour mondiale: puoi anticiparci qualcosa? I tuoi prossimi impegni?

La saga di M è tradotta, letta e discussa quasi in tutto il mondo. Una diffusione inimmaginabile prima della sua pubblicazione. Gli inviti giungono molto numerosi. In autunno sarò in Croazia, poi in Francia, Germania, Portogallo, Olanda infine in Sudamerica.

Ravello ed Antonio Scurati: se potessi utilizzare il titolo di un libro o di un romanzo per descrivere il tuo rapporto con Ravello quale sarebbe e perché?

Forse darei al mio rapporto con Ravello il titolo del capolavoro proustiano, La ricerca del tempo perduto. Io ho trascorso in questo luogo incantato tutte le estati della mia vita, fin da bambino, e più l’età avanza, più la memoria retrocede verso i territori perduti dell’infanzia. Oggi è difficile ritrovare l’incanto di un tempo, per molti motivi, non solo biografici o psicologici, ma quando accade, fosse anche solo per una mezza giornata di inizio settembre, ogni affanno viene cancellato.

Settembre non è poi così lontano e solo chi ama visceralmente questo luogo sa coglierne la preparazione che avviene come in una botte invisibile in cui il mosto che fermenta sono una luce che ha un’intensità diversa ed il tremolio delle foglie pronte a staccarsi con quella arrendevolezza che già anticipa la stagione che sarà.

Emilia Filocamo

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