Dopo svariati anni di assenza, l’ultima rappresentazione a Roma risale al 2012 con la direzione del maestro Muti, ritorna per l’inaugurazione della stagione lirica 2024-2025, il titolo verdiano che confermò l’inizio della collaborazione con Arrigo Boito, oggi affidata al maestro Michele Mariotti.
Lo stesso Verdi dichiarò che «Simon Boccanegra» è un’opera triste e malinconica, e che aveva impiegato “una tinta, un colore troppo uniforme dal principio alla fine”, ma è sicuramente un’opera piena di passioni irrisolte e tormentate, di scontri di classe, di ideali e di potere.
Dopo i fiaschi della prima rappresentazione il 24 gennaio 1859, spinto da Giulio Ricordi, Verdi lavorò a una seconda versione, seppur lasciando la cupa scena corale della maledizione che chiude il primo atto, dove Simon maledice Paolo Albiani e tutto il coro avanzando nel proscenio, canta “sei maledetto”, versione accolta trionfalmente alla Scala. Ricordiamo che il maestro non si occupava solo dell’aspetto musicale, del libretto e della scelta degli interpreti, ma seguiva con rigore tutte le esigenze produttive, dal numero delle prove da fare, a suo parere, per la buona riuscita dell’opera, alla messinscena, all’illuminazione che doveva raccordarsi ai pianissimi con cui l’opera si chiude ( lettera del 21/2/1881 da Verdi a Giulio Ricordi).
In Simon Boccanegra non ci sono arie o motivi orecchiabili, ma lo stile del maestro è espresso e riconoscibilissimo nel declamato e nell’arioso, e l’intreccio dei conflitti politici e personali offre al Verdi l’occasione per schierare voci gravi maschili.
L’amore paterno, che sempre ha ispirato Verdi, lo ritroviamo invece, in Fiesco per Maria e in Simon per la figlia Amelia, unica presenza femminile è Amelia, giovane contesa dagli uomini.
Il Nuovo allestimento del Teatro dell’Opera firmato dalla regia di Richard Jones con la collaborazione, per le scene e i moderni costumi, di Antony McDonald (i mantelli dorati ricordano il potere).
Un allestimento moderno e quasi spoglio, il faro tra gli scogli richiama il mare, le luci sono di Adam Silverman, e le coreografie di Sarah Fine.
Produzione musicalmente eccellente, grazie alla qualità dell’ottima orchestra guidata con sottile eleganza da Michele Mariotti che ne esalta le sfumature sonore, ottimo il suono degli ottoni e stupefacente il Coro preparato dall’eccellente maestro Ciro Visco
Nella compagnia di canto, Claudio Sgura interpreta con autorevolezza il Doge, Simon Boccanegra combattuto tra amore per la figlia e potere. Vittima di una sorte non voluta, ma subìta, come una condanna, scopre la morte della donna amata. Un re che muore avvelenato, ma ha ritrovato la figlia e può indicare il suo successore.
Maria Motolygina è un’Amelia gelidamente nel ruolo, una figlia per nulla debole o fragile, una ragazza determinata, piena di equilibrio e saggezza.
Riccardo Zanellato è un ottimo e sicuro Fiesco di garanzia, buona la prova dello spasimante Anthony Ciaramitaro Adorno.
Negli altri ruoli troviamo Gevorg Halobyan in Paolo Albani, Luciano Leoni (Pietro) Caterina D’angelo (Ancella di Amelia) ed Enrico Porcarelli Capitano dei Balestrieri.
Un Verdi risorgimentale e patriottico, che crede nella riappacificazione tra il Doge di Genova e Venezia, la politica in Simon Boccanegra è un tema centrale.
“E vo gridando: pace! E vo gridando: amor!” sembra voler essere un richiamo, come un monito a tutta l’umanità, insanguinata da guerre orribili e chissà, se proprio questo, può essere stato motivo della scelta di questo titolo…
Come dice Mariotti, «Il dualismo tra amore e potere non ha vincitori, ma solo vinti».
Gabriella Spagnuolo