Lei c’è, e ci mancherebbe, no non è frastornata da bagliori e boati di guerre vicine e lontane che da tempo occupano tutta la scena, e irridono la poesia con dirompente oscenità…
Lei c’è, è testimone del mondo che la attraversa, un prezioso lago di mercurio liquido, sensibile ad aliti di vento, e steli d’erba verde, e impronte visibili di persone, e vortici sonori, e dure gocce di pioggia pesanti come perle nere.
Elena … Sì eccomi!
Adesso è una bimba che annega, ma solo per gioco e per poco, nei rituali corrotti degli adulti, insensibili ai prodigi dell’infanzia, e forse tutto sarebbe diverso se qualcuno ci credesse, anche per un momento, che vivere intensamente è poesia.
Elena …
Ora è una giovane donna che desidera accogliere in sé l’energia di un uomo adulto, e abbandonarsi a lui, dentro un sogno così vero da renderla madre tenera.
Il lago risplende di rotonde schegge cristalline o si adombra sotto taglienti foglie di inchiostro.
Ancora gemiti, sussulti, ritornelli di suoni, sorrisi dolci e ghigni crudeli, urla di dolore poi ingoiate sapientemente e trasformate in altro, materiali di scena evocati con liquida energia d’attore.
È un dono teatrale autentico, senza alcuna riserva, anche approntato all’istante, guardando negli occhi chi è dall’altra parte.
Elena …
Difficile distrarsi, pure se appare lontana, persa in quadri personali d’autore, cornici che scoprono scene intime e pubbliche, di un coerente disegno d’attore realizzato senza alcuna vanità.
Le onde fremono di tensione, serrano e danno nome a ciò che emerge dalle profondità e galleggia per un istante, subito diventato eterno.
Si scompone Elena, si dissolve, si trasforma, diventa vaso di Pandora ricolmo di ogni delizia ma difficile da manovrare, senza un astuto nocchiero …
Elena …
La accarezzano mille mani mentre danza fiera con la morte e gioca ancora la sua partita, oppressa da ingombranti straordinarie presenze che solo lei può gestire in punta di dita.
Dopo avverte lo spettatore che l’incanto è alla fine, che dovrà svegliarsi e ritornare in sé … non fugge, non chiude il sipario, tende una mano per ricondurlo fuori dal cerchio approntato.
Mimmo Russo