I Poemetti di Shakespeare interpretati da Malosti

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Al Teatro Nuovo di Napoli altro grande appuntamento del Campania Teatro Festival, il 18 e il 19 giugno 2025: “Shakespeare/Poemetti”, un progetto di e con Valter Malosti. Il celebre regista, attore e artista visivo porta in scena “Venere e Adone” e “Lo stupro di Lucrezia”, due poemetti narrativi composti da Shakespeare tra il 1593 e il 1594. Tra i tanti poemetti attribuiti al Grande Bardo, questi due, scritti quando i teatri londinesi erano chiusi a causa della peste, sono gli unici attribuibili con certezza a Shakespeare. Malosti ne ha ideato una policroma traduzione, con una messa in scena nel 2007 e nel 2012. In seguito, in collaborazione con GUP Alcaro, ne ha costruito intense, emozionanti versioni in forma di concerto. Scena essenziale, riempita solo dalle magnifiche parole del Bardo e dai suoni elettronici ed evocativi di GUP Alcaro. Malosti cura traduzione, regia, adattamento teatrale e ricerca musicale dei due testi, un dittico contrappuntato, interpretato con travolgente intensità per raccontare le contraddizioni dell’amore e i sentimenti che derivano da uno stupro.

Valter Malosti

“Venere e Adone”

In “Venere e Adone” (“Venus and Adonis”) la dea insegue e brama Adone, lo desidera mentre lui le si rifiuta, rovesciando i canoni della poesia d’amore. Qui è la donna a concupire ardentemente, ed Eros e Thanatos si fondono per diventare una macchina di morte per l’oggetto d’amore impossibile. “Venere e Adone” è anche una sorta di operina musicale, una partitura che traduce/esalta la parola: “il montaggio fonico attinge alle fonti acustiche più disparate, ai suoni della quotidianità sovrapposti a frequenze elettroniche e distorsioni, filtrando il tutto con musica elisabettiana e contemporanea. Musica come camera d’eco dei personaggi, come cartina di tornasole del loro spirito”, scrive il regista. Shakespeare mette in luce tutta la sensualità dell’amore con un linguaggio ricco di elementi figurativi che rivelano la conoscenza della pittura rinascimentale e manierista italiana e francese dell’epoca. Un grande contributo del Bardo al genere classicheggiante dell’epyllion, riportato alla quotidianità contemporanea, per renderlo fruibile ad un ampio pubblico, meraviglioso teatro popolare.

“Lo stupro di Lucrezia”

Ne “Lo stupro di Lucrezia” (“The rape of Lucrece”) Shakespeare riprende un episodio dell’antica storia romana, lo stupro di Lucrezia, per raccontarne le conseguenze dal punto di vista della vittima e, insieme, del suo carnefice, della sua psiche contorta. La storia è quella dello stupro di Lucrezia da parte di Sesto Tarquinio, il figlio del re. Tarquinio, bramoso, invasato, dopo le lodi del marito Collatino durante una gara tra generali, con “coscienza fredda e lussuria calda” abusa orrendamente della donna alla quale, per onore, per disgusto, per dolore, non rimarrà che il suicidio.

Una lingua acuta, “propulsiva e quasi percussiva”, che scava nell’animo umano, riconferma la potenza della parola poetica che sonda l’abisso delle tormentate passioni. Il poemetto anticipa la tematica delle tragedie romane: Julius Caesar, Antony and Cleopatra, Coriolanus, che rispecchiano fasi di crisi della repubblica romana. E rinvia anche al Titus Andronicus, la prima tragedia del Bardo, ambientata in una Roma immaginaria e decaduta. Nell’esperimento poetico sono indagati a fondo gli stati d’animo dei protagonisti, in una sorta di dialogo con il pubblico per renderlo ancor più partecipe. Il poemetto segna così il passaggio da una Roma teatro di vendetta ad una Roma simbolo del dibattito sui valori di onore e nobiltà.

Grande prova registica e attoriale per Malosti, che restituisce tutte le tonalità, le inflessioni, le sonorità dei versi del Bardo, che risuonano in tutta la loro bellezza e forza, dentro di noi, per restituirci, come sempre, un quadro sfaccettato e profondo dei sentimenti.

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