Don Pasquale: una disincantata riflessione donizettiana sulla vecchiaia

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Per molti spettatori presenti venerdì 19 maggio 2017 al Teatro Verdi di Salerno è stata una piacevolissima scoperta poter ascoltare un capolavoro operistico dominato dall’umorismo e nel contempo intriso di malinconia, che grazie all’ispirazione dell’autore, si amplia oltre lo sfondo farsesco, regalando anche momenti di puro lirismo.
Parliamo del Don Pasquale di Gaetano Donizetti, dramma buffo in tre atti, di fatto un lavoro godibilissimo, che stranamente non compare spesso nei cartelloni operistici.
Il soggetto è un classico del genere: il babbione gabbato, ma non solo, è come sostiene G. Pagannone, una riflessione lucida, spietata sulla vecchiaia e sul contrasto generazionale. Il mito dell’eterna giovinezza, rincorso dall’agiato maturo protagonista che vuole accanto una moglie (Sofronia, spacciata per sorella dall’amico dottor Malatesta, è in realtà Norina, bella vedova vivace e spigliata innamorata del suo futuro erede, il nipote Ernesto, che non può sposarla perché povera), fresca e pronta a generare, sarà infranto da un poderoso schiaffo, guantato, ma pur sempre umiliante ed impietoso datogli dalla bizzosa (finta) consorte nel terzo atto. Un momento spiazzante, inconsueto che ribalta gli equilibri del genere comico che si tingono di mestizia, ma il finale vedrà disvelati equivoci e trame, il ricongiungimento della giovane coppia con l’approvazione del rinsavito Don Pasquale. Nell’allestimento curato nei minimi dettagli dal regista Riccardo Canessa l’ambientazione originaria viene da Roma trasferita in un luogo della costiera Amalfitana (e non a caso si beve limoncello, possibilmente freddo). Una scena bianca girevole ideata da Alfredo Troisi, piastrellata da ceramica vietrese, tra archi e statue, sembra ricordare un notissimo belvedere. Con sfondi mediterranei, azzurri marini, gialli limoneti, purpuree boungavilles, verdi rampicanti, risulta, oltre l’impatto visivo di solare bellezza, una scelta anche drammaturgica efficace che consente di legare i diversi quadri ed assicura, nel ritmo incalzante della vicenda, una scorrevole unità di tempo e di luogo. Raffinatissimi pure i costumi in stile anni Venti che ci conducono avanti rispetto all’epoca ottocentesca.
A queste invitanti premesse per non perdere l’occasione di assistere allo spettacolo in replica domenica 21 alle ore 18 e martedì 23 maggio alle ore 19, se ne aggiungono ancor altre. Indubbiamente il cast è degno della Scala meneghina, come è stato detto nella conferenza stampa di presentazione, ed annovera un quartetto vocale applauditissimo che ha conquistato il pubblico per la bellezza timbrica e per la sapiente caratterizzazione dei personaggi. Rosa Feola giovane soprano, è una vezzosa e seducente Norina, dalla voce calibrata nei volumi, pienezza nel registro acuto, bricconcella e maliziosa, che sa ben condurre il gioco in ottima sintonia con i suoi colleghi, ed incanta per disinvoltura e la magnetica presenza scenica. Al suo fianco qui, come nella vita, nel ruolo del dottor Malatesta, il baritono Sergio Vitale, che sfodera un fraseggio sicuro ed appoggiato nei pezzi d’assieme. Nel ruolo del vecchio voglioso parruccato Don Pasquale (in fondo buon uomo) Roberto Scandiuzzi, basso di solida esperienza, protagonista da anni della scena lirica internazionale, che colorando con il suo timbro il personaggio, lo ha inoltre arricchito con una grande verve interpretativa. Juan Francisco Gatell, tenore elegante, bravo e calatissimo negli abiti del giovane “primo amoroso” Ernesto, sembra non a suo agio nella celebre serenata, staccata in un tempo forse eccessivamente dilatato, ma questo non toglie nulla alla performance brillante.
A completare, il basso Luigi Cirillo che presta la sua voce al Notaro. Il Maestro Gennaro Cappabianca, alla direzione di un’orchestra ben amalgamata nelle varie sezioni, conduce con impeto nelle parti serrate ed esalta i momenti di lirismo con andamenti enfatici, tinte e sfumature particolarmente espressive. Lodevole, poi, l’assolo di tromba che introduce l’aria di Ernesto nel secondo atto ed il coro preparato da Tiziana Carlini. Ovazione finale per tutti i protagonisti di Don Pasquale, da non perdere, al Teatro Verdi di Salerno.

Dadadago

Foto Emanuele Ferrigno ©

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