Gladiatori, sentimento e tanta grande musica a Palazzo San Carlo

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Cosa accomuna l’Anfiteatro di Santa Maria Capua Vetere , il leggendario Spartacus, l’Armenia e il romanticismo di Robert Schumann?
Mai dire nulla e, almeno per gli spettatori del concerto del 16 dicembre a Palazzo San Carlo, una risposta c’è stata: la musica, defluita con grande lirismo dai talenti di quattro giovanissimi musicisti in un programma dal titolo: “La leggenda del Gladiatore di Santa Maria Capua Vetere nella Musica Romantica”, con il sottotitolo di “Musiche della Cultura Armena ed Europea”
Il Quartetto, ma meglio dovremmo parlare di un Trio con viola ospite, il “Komitas Trio” di Sydney, diretto dal grande maestro armeno Edwin Alamshah, cui si è aggiunta, dopo una collaborazione nata durante una tournée in Australia, la violista Emma Ascoli.
L’idea ispiratrice del programma trae origine dal Balletto “Spartacus” del compositore armeno Aram Kachaturian e dalla considerazione che esso sia ambientato proprio nel meraviglioso anfiteatro capuano, ma il tratto d’unione con il romanticismo tedesco si delinea con la letteratura pianistica di una colonna di quel periodo storico che è Robert Schumann, il quale, oltre ad essere stato ispirazione e repertorio per lo stesso musicista armeno lo fu ampiamente per un pianista virtuoso nato in quella che di lì a un anno sarebbe stata la Repubblica Socialista Armena: Arno Babajanian.
Ed ecco che la serata, meticolosamente organizzata a Palazzo San Carlo dal suo mecenate e proprietario Gennaro Stroppolatini e dedicata, per l’improvvisa dipartita, all’avvocato Aldo Papa si è aperta con il Quartetto con pianoforte op.47 di Schumann, composto in quell’anno 1840 quando una regione dell’Armenia si liberava dal giogo turco per annettersi entusiasticamente alla Russia zarista.
Quartetto per pianoforte in mi bemolle maggiore, op. 4 di Robert Schumann si articola nei tempi: 1. Sostenuto assai (mi bemolle maggiore). Allegro (do maggiore – mi bemolle maggiore); 2.Scherzo. Molto vivace (sol minore). Trio I et II; 3.Andante cantabile (si bemolle maggiore); 4.Finale – Vivace (mi bemolle maggiore).
Franz Liszt aveva scritto al compositore consigliandolo di dedicarsi alla hcreazione di musica d’insieme, in ragione della complessità strutturale che proprio la musica del collega tedesco andava assumendo e che sarebbe divenuta troppo ampia per un “semplice” pianoforte.
Schumann seguì il saggio consiglio, ma non volle rinunciare all’impiego anche del suo strumento, impiegandolo, tra gli altri, nel Quartetto op. 47.
L’esordio del primo movimento presenta gli archi disposti a corale su un cantus firmus del pianoforte che sarà utilizzato come primo tema, mentre, rendendo ancora omaggio ai contrappuntisti tedeschi, Bach primo tra tutti, Schumann sceglie di introdurre un secondo tema a canone sulla melodia luterana «Wer nun den lieben Gott läßt walten».
Il secondo movimento, uno Scherzo, presenta due Trii che si collegano tra loro con una pseudoripresa; l’elemento ritmico della sincope caratterizza questo movimento.
Lirico e intenso è il movimento lento costruito come Tema e Variazioni e ancora una volta il tema, “cantato” dal violoncello è trattato come un cantus firmus quasi ad evocare le Variazioni di Brahms su Haydn.
I protagonismi degli strumenti sono accuratamente bilanciati, fino alla conclusiva variazione con Coda su pedale doppio del violoncello in scordatura.
Il finale è un rondò-sonata tipico dei concerti classici, ma il contrappunto fa da padrone con connotazioni bachiane evidenti, che però vanno a condurre i piani sonori verso dimensioni e densità orchestrali.
Al pianoforte virtuoso di Alex Sahagian sono state affidate quattro appassionate pagine di Arno Babajanian (1953-1983), grandissimo interprete armeno e funambolico pianista.
Melody; Elegy in memoriam di Kachaturian, Prelude e Dance of Vagharhapat sono stati molto apprezzati dall’attento pubblico affluito nella Sala Carla Fracci di Palazzo San Carlo e l’attesa per il brano finale, “Adagio di Spartacus e Phrygia” dalla Suite che Aram Kachaturian trasse dall’omonimo balletto e che il 16 dicembre è stata eseguito per la prima volta nella trascrizione per quartetto con pianoforte, realizzata da Emma Ascoli.
Commozione e ammirazione nel pubblico, che ha potuto gustare la musica godendo della visione dei bellissimi dipinti, ispirati a Spartacus e all’Anfiteatro, realizzati dalla pittrice Amela Sulijc Zazaca ed esposti eccezionalmente per la serata a Palazzo San Carlo.
Il Balletto in tre atti di Aram Kachaturian (1903-1978), compositore armeno georgiano di Tblisi si fece apprezzare per la vivacità ritmica e l’impressione di grande energia, strutturato in 3 atti, 12 scene 9 monologhi.
Composto nel 1956 per il Teatro Kirov di Leningrado, l’odierna San Pietroburgo, il lavoro subì più revisioni da parte dello stesso autore, assumendo la forma definitiva per il debutto al Bolshoi di Mosca nel 1968.
Il successo della composizione per la danza indusse Kachaturian a realizzare un gruppo di suite per orchestra, conferendo vita autonoma ad una partitura tutt’oggi di grande presa.
Scrivendo con linguaggio tonale vestito con orchestrazione ricchissima, incurante della condanna pubblica del 1948 Kachaturian poté comporre con una libertà che le mode atonali dell’occidente avrebbero emarginato tacciando la partitura di conservatorismo. Libertà di espressione in ossequio ad una regime totalitario: paradossi che solo in musica possono verificarsi!
Il plot del balletto era nato a partire dal libretto di Yuri Grigorovich, il quale a sua volta aveva quale ipotesto un romanzo dello scrittore garibaldino Raffaello Giovagnoli (e siamo a Capua) che vedeva protagonista uno schiavo romano ribelle nel primo secolo a.C.
Fu proprio l’eroe dei due mondi a parlare a Giovagnoli del gladiatore assurto a simbolo della ribellione degli oppressi ai tiranni corrotti e lascivi.
Spartacus era un guerriero nativo della Tracia, fatto prigioniero in battaglia dai Romani e tradotto a Capua; il punto più alto della rivolta, in senso letterale e figurato, si svolse sulle pendici del Vesuvio.
La terza guerra servile durò ben due anni, dal 73 a.C., costellati di scontri e di battaglie cruenti, prima che Marco Licinio Crasso riuscisse a sottomettere i ribelli, guerrieri addestrati alla lotta per essere utilizzati da gladiatori nelle arene.
Il condottiero Spartacus fu tradito e quindi sconfitto, mentre 6.000 seguaci vennero crocifissi lungo la via Appia.
La notorietà della figura del ribelle tracio in U.R.S.S. derivava dall’elogio contenuto in una lettera che Karl Marx aveva scritto il 27 febbraio 1861 all’amico Engels:
«La sera per passare il tempo stavo leggendo Le guerre civili romane sull’Appia, nel suo originale testo greco. Un libro di gran valore. […] Spartaco emerge come uno dei migliori protagonisti dell’intera storia antica. Un grande generale (benché non un Garibaldi), un carattere nobile, un genuino rappresentante dell’antico proletariato».
I ripetuti trionfi, dovuti anche al valore della coppia di danzatori protagonisti Vladimir Vasiliev (Spartacus) e Ekaterina Maksimova (Phrygia), nonché della coppia antagonista Maris Liepa (Crassus) e Nina Timof’eva (Aegina) aprì la strada sia a nuove rappresentazioni in tutto il mondo che al progetto del compositore di realizzare le 4 Suite per orchestra.
«Ho pensato a Spartacus come ad un monumentale affresco che descrive la valanga della ribellione degli antichi schiavi per conquistare i diritti umani – racconta il compositore – quando ho scritto la musica per il balletto ho cercato di catturare le atmosfere della antica Roma per dare vita alle immagini di un passato remoto, ma senza mai perdere di vista le affinità della vicenda e della spiritualità di Spartacus con quanto accade ai nostri giorni»
E per la prima volta, quelle note dedicate al Gladiatore di Santa Maria Capua Vetere sono tornate nel luogo di ispirazione, grazie a Emma Ascoli e al Trio Sydney Komitas, diretto da un legittimamente orgoglioso Edwin Alamshah.
Applausi entusiastici e un invito a replicare, impegni internazionali permettendo, proprio all’interno dell’Anfiteatro Campano.
Il presidente Stroppolatini ha dedicato la serata alla memoria dell’avvocato Aldo Papa, socio e grande benefattore dell’Associazione Amici di Palazzo San Carlo, venuto a mancare alla vigilia dell’evento.
La serata si è fregiata della prolusione del critico musicale Dario Ascoli, che, tra l’altro, ha citato ampi stralci dal suo saggio su “Spartacus” realizzato per il Teatro di San Carlo e adottato dall’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo, diretta da Yuri Temirkanov, per la sua tournée.

Mariapaola Meo

Foto di Emanuele Ferrigno ©

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