“La Fille du Régiment”: Riflessioni prima ed emozioni dopo un debutto

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«Un omaggio a Salerno e al suo porto», così il regista Riccardo Canessa nel chiarire le motivazioni dell’ambientazione del suo allestimento de “La fille du Règiment” in scena a sere alterne, dal 12 al 16 aprile, sul palcoscenico del Teatro Municipale G. Verdi.
 «Sono legato a questa città da un profondo senso di appartenenza e gratitudine, un doppio filo che mi lega indissolubilmente all’anima più intima di Salerno: l’arte, il teatro, la musica. E il porto. È infatti proprio questo lo scorcio cittadino che amo di più e che in me ha evocato suggestioni profonde che voglio mettere in scena». Metateatro, ovvero l’espediente del teatro nel teatro, è artifizio spesso utilizzato per rompere la quarta parete tra gli attori ed il pubblico e modalità narrativa che ha assunto talvolta il carattere di svelamento dell’illusorietà dell’evento teatrale o dello spazio teatrale stesso, col rendere palese l’intero impianto fittizio dell’azione scenica.
«Siamo alla fine del 1800, in scena ci sarà una compagnia di artisti circensi accompagnati da personaggi strambi come il mangiatore di spade, l’incantatore di serpenti, gli acrobati e saranno propri questi teatranti a intrattenere i marinai (ovvero i soldati di donizettiana scrittura) che non riusciranno mai a partire dal porto di Salerno perché trattenuti dai buffi protagonisti del teatro itinerante» continua il regista. La sinfonia si presenta come una sorta di antefatto musicale ed ha ritmo sostenuto dalla marcia e dal suono del tamburo, per questa duplice motivazione si è prestata ad essere coreografata. Scelta preventivamente concordata col direttore artistico maestro Daniel Oren. Sei bambine della scuola di danza di Pina Testa saranno in scena altrettanti piccoli simpatici marinaretti intenti a smaltire i postumi di una sbornia. Con “La fille du Règiment” Donizetti si cimentò nel più puro spirito dell’opéra comique, «La capacità del compositore di assimilare nel proprio vocabolario musicale elementi stilistici diversi lo misero in grado di realizzare un capolavoro accolto dai francesi come un prodotto nazionale. (…) In realtà Donizetti, pur all’interno del solco del modello francese rimane fedele a se stesso manifestando la sua originale forte personalità musicale e mostrandosi piuttosto capace di creare uno stile internazionale» osserva Rosanna Di Giuseppe. Tuttavia, come richiesto dalle convenzioni del teatro dell’Opéra comique, tale lavoro prevede una commistione di dialoghi parlati, che il Canessa ha stringato e ridotto all’essenziale nella resa dei giusti tempi teatrali, e numeri musicali ed è incentrato su una trama deliziosa.
“La fille” rientra inoltre nel novero delle opere di carattere, nel senso che i personaggi, solo buffi, risultano ciò nonostante particolarmente patetici e commoventi e che la briosità e l’ilarità di numerose scene e della vicenda complessiva non precluda ovvero escluda l’indagine psicologica. Occorrono artisti che sappiano mettersi alla prova tanto con la musica quanto con la scena ed il cast formato da Gilda Fiume nei panni di Marie, Shalva Mukeria in quelli di Tonio, Filippo Morace come Sulpice e Claudia Marchi, la marchesa di Berckenfield, per limitarci ai principali, non ha deluso le aspettative. In questa drammaturgia decisamente orizzontale c’è tra di essi personaggi una grande complementarietà, sono di numero pari e di pari valore. Questo capolavoro di musica e voci, immediato, spontaneo e scintillante è incentrato su due elementi drammaturgicamente conflittuali che ben vengono a confronto anche musicalmente nel momento esilarante e riuscitissimo della lezione di canto del secondo atto.
“Femminile” e “maschile”, pregiudizi e convenzioni da una parte e istinto e autenticità degli affetti dall’altra, si incontrano e si scontrano in questa sapiente parodia musicale.
L’aria “Le jour nassait dans le boccage” è carica di vuoti virtuosismi, e la giovane Marie cederà al canto familiare del reggimento quando prontamente richiamata da la Marquise allo stile salottiero, esploderà dispettosamente in una quantità di scale ed arpeggi prima di gettarsi nello scatenato Rataplan!

«L’idea del cantare male l’abbiamo sviluppata insieme al maestro Allemandi, ma io avevo già un’idea in merito, per sottolineare ciò che il personaggio non vuole fare in quella scena. Quando mi sono vista con la mia maestra, Mariella Devia, mi ha detto che in passato lei ci aveva provato e con la giusta coscienza ci si può riuscire. È molto difficile soprattutto perché subito dopo c’è un’aria molto importante e non nascondo che mi prova moltissimo, ma io sono sempre ardita, mi piace superare i miei limiti e trovando una posizione giusta si può giocare con la voce senza farsi male. La coscienza del proprio strumento è importantissima» racconta il soprano sarnese Gilda Fiume. La partitura donizettiana, osserva ancora il regista, ha cucito addosso a Marie un abito musicale ricco di momenti spiritosi e brillanti di estrema bellezza e dolcezza, anche se cresciuta da un reggimento di soldati, la protagonista non risulta per questo priva di femminilità.
Gilda Fiume conclude: «La femminilità è insita nelle donne e quando sul suo cammino si affaccia l’amore, lei improvvisamente perde ogni atteggiamento da maschiaccio e si affida all’istinto, senza imparare ad essere donna, ma semplicemente essendo se stessa»

Mariapaola Meo

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