“Dido and Aeneas”: il dramma del Fato conquista Ravello

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  • “Troviamo la nostra gioia nell’altrui rovina” (“From the ruin of others, our pleasures we borrow”) così canta la prima Strega nel terzo Atto dell’opera “Dido and Aeneas”. Apparirà forse strano a chi legge, che questo mio incipit sia focalizzato sull’antagonista dell’opera di Purcell Dido and Aeneas andata in scena sabato 1 agosto nei giardini di Villa Rufolo dove, sfidando il rischio della pioggia, Toni Florio ha diretto il suo ensemble Cappella Neapolitana insieme al coro Mysterium Vocis, preparato da Rosario Totaro. Eppure proprio questi pochi versi di recitativo, il cui malvagio intento è reso ancor più crudo dal contrasto fra il nefasto testo e l’allegra melodia affidata al ritornello del Coro, racchiudono il dramma di Didone, Regina di Cartagine.
    L’opera in tre atti fu scritta dal giovane Henry Purcell nel 1689 su libretto di Nathum Tate il quale, ovviamente, trasse spunto dall’Eneide Virgiliana, pur modificandone alcuni tratti adattandoli all’anglicana Inghilterra, il principale di questi è proprio l’inseriemento della Strega, il cui ruolo è volto a ridicolizzare il fato, ovvero l’ineluttabile destino voluto dagli dei al quale l’uomo sente di non poter opporre la propria volontà. Interpretata dal prezioso Raffaele Pe, all’altezza del ruolo reso nonostante l’assenza di costumi – sopperita interamente dalla gestualità e dalla tecnica – e delle scene – fatta eccezione per la nebbia che naturalmente ha avvolto lo splendido palco sul mare – la Strega gioca quindi un ruolo centrale. Si potrebbe addirittura ritrovare in questa figura magica all’interno del dramma in musica, uno specchio dell’animo turbato di Didone. Il fato e la tristezza della Regina sono infatti presenti fin dall’apertura di sipario, o nel caso della versione in forma di concerto ascoltata a Ravello, fin dalle prime note. Al canto gioioso di Belinda, interpretata dalla splendida voce di Maria Grazia Schiavo, che da anni affianca alla carriera lirico ottocentesca pregevoli collaborazioni con il maestro Florio ed altri nomi della musica antica, si contrappone la rassegnata malinconia di Didone, che ha preso vita attraverso la voce e la mimica di Veronique Gens, specialista della prassi storica barocca, attesa dal pubblico del Festival per questa sua prima collaborazione con l’eccellenza Neapolitana. L’opera si apre e si conclude sul basso ostinato di lamenento, topos per eccellenza della musica antica, affidato al solo violoncello e al basso continuo nell’aria iniziale “Ah Belinda, I am prest” e ripreso dall’orchestra intera nell’aria conclusiva “When I am laid in earth”. In entrambe le arie il pathos è reso dal tentativo di sfuggire al crudele fato, la melodia del canto infatti, specie nel Lamento finale, procede indipendentemente dalla linea del basso ostinato, eppure questo tentativo è vano, Didone soccombe al destino che ella stessa per mantenere fede al proprio status si è imposta. A nulla varranno le parole di Enea, pronto a tornare sui suoi passi e scegliere Amore e non più Giove, ella si infligge la morte divisa dal desidero di essere ricordata e dalla speranza che la sua triste sorte non oscuri quel ricordo (“Remember me, but, ah! Forget my fate”). Il ruolo di Enea sembra schiacciato quindi da un falso fato che sotto le ali di Mercurio cela l’inganno delle Streghe e dal rifiuto di Didone che non riesce a recuperare la fede in lui. Ciò nonostante non si può dire che Mauro Borgioni non abbia brillato al pari dei colleghi, contribuendo a formare un cast stellare che sotto il cielo notturno di una Ravello avvolta da una nebbia inglese ha trasportato il pubblico sulle coste della sventurata Cartagine.
    Non da meno sono stati orchestra e coro (i cui solisti è doveroso ricordare Valaria La Grotta, Leslie Visco, Aurelio Schiavoni, Roberto Zangari) che, nonostante le difficoltà climatiche e la distanza, si sono distinti per la cura dell’amalgama del suono, hanno ben reso l’intreccio contrappuntistico con un equilibrio di volumi ed una cura nella fraseologia, che non è passata in secondo piano rispetto alla bravura dei ruoli solistici.

Emma Amarilli Ascoli

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