Largo ai giovani. I Capuleti e Montecchi del TCBO non sono un dramma

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OperaNext, realizzato in collaborazione con l’Auditorio de Tenerife, è uno dei progetti più interessanti nel panorama operistico europeo. L’obiettivo è quello di selezionare un cast di voci e prepararle ad un futuro brillante.  Dopo un periodo intenso di studio nell’isola delle Canarie, il gruppo di giovani cantanti ha portato a Bologna Capuleti e Montecchi di Bellini.
L’idea registica di Silvia Paoli ha ambientato la tragedia nella Calabria arretrata degli anni 70 dove ‘ndrine e retaggi patriarcali imponevano scelte sociali.  Giulietta è soggiogata dal potere del capofamiglia e nulla può contro il suo volere. Capuleti e Montecchi del TCBO è la storia di una guerra di famiglie, è la storia di una guerra di potere.
Questa scelta non appassiona e non contribuisce a suscitare iniziali simpatie. Trasformare il dramma in una sorta di Gomorra orchestrata, sebbene alcune analogie siano pertinenti, restituisce una sensazione mainstream e troppo radical chic. Non è solo un problema di maniera: enfatizzare solo la violenza delle cosche spoglia il libretto di significati politici e storici assolutamente non trascurabili. Noi vediamo nel libretto di Felice Romani così tanti significati che questa rilettura un po’ grossolana e un po’ macchiettistica non ispira simpatie. Quando vediamo tutti gli attori sul palco, sbracciarsi con le pistole, poi, siamo colti da temporanea depressione. La questione meridionale non è (solo) l’oleografia di scene di “ferri” e sparatorie.
La scelta potrebbe essere anche lecita ma la riuscita è assolutamente superficiale. Rivedibile.
Proviamo a non farci condizionare da questa lettura urticante che, a onor del vero, essendo banalmente populista, è anche piaciuta a parte del pubblico (soprattutto straniero). Doppio sconforto. Fortunatamente la costruzione scenica di Andrea Belli ci ha tirato su di morale. E’ brillante, i quadri sono ambientati in un bar di provincia dove la “famiglia” soleva riunirsi. Suggestivi i giochi scenici dentro-fuori permessi dagli ampi finestroni. L’allestimento è stato veramente bello.
Dando a Cesare quel che è di Cesare e a Silvia Paoli quel che è di Silvia Paoli, molti elementi ci sono piaciuti, anche molto. Avvincente il ricorso a soluzioni “cinematografiche”, tipo la continua apparizione del fratellino di Giulietta, morto per mano di Romeo, che torna continuamente in scena giocando con la sua macchinina. Generalmente riuscite le coreografie con i bambini (pistole a parte a mo’ di babygang). C’è del talento e si vede ma manca una certa maturità di lettura.
E i cantanti? Anche loro hanno contribuito a salvare il mio umore. Sono giovani, ma non per questo dobbiamo declassare la recita. Abbiamo assistito ad una rappresentazione di livello. La bella Nina Solodovnikova è stata una Giulietta dalla voce potente e brillante e dalla presenza scenica adeguata mentre il mezzo soprano Christina Campsall si è conquistata la scena, sia per capacità canore che per presenza, interpretando degnamente Romeo. La parte maschile forse ha penalizzato il mezzosoprano che preferisce le note alte del registro ma non ne oscura le doti e la personalità espressiva.
Gillén Munguia è un tenore dalla voce chiara e dal bel fraseggio. Perplime la sua capacità attoriale e questo ha reso l’interpretazione di Tebaldo meno convincente. Buona l’interpretazione sia di Vincenzo Santoro in Cappelio che di Diego Savini che regala un Lorenzo di cui abbiamo apprezzato la proiezione della voce.
Nonostante il lavoro di direzione di Federico Santi non sia di certo facile per la giovane età dei cantanti, la buca ha regalato un’onesta esecuzione. I coristi del Comunale,poi, inutile rimarcarlo, sono sempre una certezza.
Sono giovani, ma non per questo possiamo derubricare questo evento a “laboratorio”. Il pubblico che è accorso al comunale voleva assistere ad una recita di livello e l’ha avuta. E’ vero, questo Capuleti e Montecchi suggerisce a tutto il cast delle direzioni di crescita ma- il 13 Maggio 2018- la storia di Romeo e Giulietta non è stata una tragedia. Bravi tutti.

Ciro Scannapieco

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