Mehta l’Orchestra del MMF e Meneses a Villa Rufolo

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Uno dei grandi rappresentanti della musica del nostro tempo, Zubin Mehta, è ritornato dopo ventotto  sul belvedere di Villa Rufolo nel contesto del Festival di Ravello nel momento celebrativo della sua settantesima edizione,  alla guida della prestigiosa orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, a regalarci un emozionante concerto che ha offerto all’ascolto prevalentemente musica di Cajkovskij con il violoncellista solista Antonio Meneses che ha eseguito dell’autore russo le brillanti “Variazioni su un tema rococò per violoncello e orchestra, op.33”.
Il resto del programma ha compreso in apertura, una scelta delle musiche per balletto “Le creature di Prometeo op. 43” di Ludwig van Beethoven,  che ha compreso l’Ouverture, l’ Adagio (n.5) e il Finale: Allegretto(n.16) dell’intera opera, e nella seconda parte del concerto la superba quarta Sinfonia di Cajkovskij  in cui ha culminato la sintonia perfetta tra il complesso orchestrale e il grande direttore indiano ormai ottantaseienne.
Della lentezza che ha caratterizzato l’avvicinarsi al palcoscenico, nulla è rimasto nella sicurezza e freschezza evidenziata nella direzionedi Mehta  che con cenni contenuti ma esatti  ha subito sviscerato i giusti suoni, i caratteri  e le dinamiche delle musiche proposte.
Delle Geschöpfe des Prometheus, unico esempio di musica coreutica del catalogo beethoveniano per il balletto omonimo commissionato dal teatro imperiale di Vienna per le coreografie di Salvatore Viganò (1801), l’esecuzione ha posto in risalto nella cornice neoclassica che risente tra l’altro di influssi mozartiani, la raffinata strumentazione  e gli abbondanti  elementi concertanti della scrittura che ha permesso la distinzione di ottime prime parti della compagine orchestrale come ad esempio il violoncello, l’arpa, il flauto, il clarinetto.
Le variazioni cajkovskiane op. 33 scritte dall’autore per il valente violoncellista Fitzenhagen nel 1876  hanno offerto al violoncellista brasiliano Meneses l’occasione di sfoggiare le sue doti di musicalià e virtuosismo. Ancora una volta si guarda a Mozart per il carattere elegante del tema e il seguito delle fantasiose variazioni tratteggiate in variegati  caratteri musicali  dopo un’ntroduzione segnata dalla  sentimentale melodia del corno. Hanno contraddistinto l’esecuzione il bel fraseggio e la profonda cantabilità del violoncello, l’omogeneità e garbatezza del dialogo  con legni ed archi in un discorso sonoro fitto che trascorre da melodie gioiose a toni elegiaci, malinconici o romantici  dipanantesi tra il protagonismo dello strumento solista e un tessuto orchestrale denso che viene in più momenti in primo piano sia nei giochi della conversazione che  negli interludi prettamente orchestrali. A conclusione un interessante brano di Villa Lobos, concesso dal solista quale unico bis, che ci ha trasportato in tutt’altra atmosfera, sicuramente più intima,  svegliandoci dal clima evasivo e funambolico dell’ultima variazione  e della Coda del brano precedente.
Il ricchissimo e sentito linguaggio musicale della “Sinfonia n.4  op.36 in fa minore”, ha infine pienamente coinvolto e affascinato l’uditorio trascinandolo su un terreno più propriamente  cajkovskiano. Tale lavoro (1876-1878)  che coincide infatti  con un momento particolarmente drammatico della vita del musicista cotrassegnato  dalla crisi e successiva drammatica  conclusione  dell’mpossibile  matrimonio  con l’allieva  Antonina Ivanova Milukova, ribolle come non mai  dei sentimenti e delle inquietudini di quel periodo, per ammissione dello stesso autore, in una lettera alla baronessa von Meck in cui traccia una sorta di programma di tale capolavoro.
Un fato avverso  impedisce il compimento delle speranze umane di felicità, ma il sogno giunge illusoriamente in soccorso mentre il flusso della vita che travolge l’uomo come un mare in tempesta si sfaccetta  in tante dimensioni come la memoria , la malinconia, la solitudine, l’osservazione dell’allegrezza  altrui.
La fantaiosa, anche “goffa” esposizione del musicista da lui stesso in parte rinnegata essendo la musica un’arte di puro suono, allude in fondo a tutto un mondo reso alla grande, di volta in volta con struggimento, intime inflessioni od esuberanza,  dalla compattezza della meravigliosa orchestra eccellente in tutte le sezioni che qui hanno avuto modo di sfoggiare la propria bravura: gli ottoni, i legni, le percussioni, gli archi nelle diverse ripartizioni capaci di tessere un divenire musicale ricco di dinamiche, contrasti, impasti o distinzioni di coloriti timbrici.
Citiamo almeno uno dei tanti momenti di perfezione dell’esecuzione corrispondente al puntuale  e geniale pizzicato del terzo movimento, lo Scherzo.
Con festosità l’orchestra ha tradotto infine,  sciogliendo in  vitalità la complessità dell’intera opera, la gioiosità della festa popolare evocata nell’Allegro con fuoco finale in un tripudio orchestrale su cui solo per un attimo risuona minaccioso  il terribile motivo del Fato incombente sulla vita umana prima della prorompente conclusione.
Applausi scroscianti hanno ripagato una serata di grande musica.

Rosanna Di Giuseppe

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